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Fù Così che il furyu chiese allo haiku

Parafrasando Zhuangzi

E il furyu chiese allo haiku: “Poc’anzi passeggiavi sui tre passi; ora ti sei fermato sul diciassettesimo piede. Poc’anzi eri seduto su una parola; ora ti sei alzato tagliandoti. Dipendi forse da qualcosa o da qualcuno, chi ti da le direttive?”

Lo haiku rispose: “E’ noto, che io dipendo solo da te, ma a tua volta, tu da chi dipendi ? a te, chi da le direttive?”

Al che il furyu rispose: “Forse dipendo dalle squame del serpente e dalle ali della cicala, che ne so perché mi comporto in un modo o in un altro!”.

Dopo tanto cercare e studiare, è solo ad un sano oblio che deve arrivare un poeta, in ossequio ai dettami di Laozi e di Basho: l’uomo del Tao non aumenta ogni giorno le proprie conoscenze, anzi le diminuisce; solo così potrà affidarsi alla spontaneità.

Alla spontaneità, sinonimo di genuinità.

Alla ricerca del makoto di Friedrich Nietzsche

Chiarisco subito che Friedrich Nietzsche (FN) non ha mai scritto haiku, ne ha mai praticato lo zen o la poesia orientale, anche se studiò il buddismo e si possono trovare diverse analogie tra la sua filosofia e i principi dello zen.
Ciononostante, FN ebbe un significativo percorso come poeta, anche se la poesia fu un’attività speculativa, quasi un accessorio rispetto al suo filosofare.
Oltre alle liriche sparse nei suoi lavori principali (Gaia Scienza, Così parlò Zarathustra ed altri), FN lasciò anche diversi lavori poetici, in forma di frammenti, che furono pubblicati postumi e di cui potete trovare diversi libri anche in italiano (io mi sono ispirato a ‘ Ditirambi di Dioniso e Poesie postume’ di Adelphi).
Leggendo queste opere poetiche di FN, mi sono accorto che, soprattutto i frammenti, potevano essere spesso assimilati, con poco sforzo, alla poesia haiku.
Da qui ha preso avvio la mia operazione di rivisitazione di queste opere, soprattutto nella ricerca del makoto dell’autore.
Come occidentale, io mi sento antropologicamente più vicino a FN che ai maestri cinesi o giapponesi, da qui la mia ricerca sulla genuinità poetica di uno dei giganti della mia cultura e del pensiero europeo.
Pertanto , quelle che leggerete non sono le opere originali di FN. ma dei miei adattamenti.
L’operazione è stata quella di prendere i ‘frammenti di poesia’ di FN e strutturali in una forma haiku o tanka (secondo le regole del Lab).
Inoltre, ho asciugato qualche verso troppo brodoso, attualizzando quando necessario i termini arcaici, ma badando sempre a mantenere intatto il senso e l’immagine del frammento originale.
Insomma ho dato una rinfrescata alla poesia di FN, quando mi sembrava necessario farlo e soprattutto per adattarla ai miei scopi.
Il senso qui, ripeto, è quello di ricercare la genuinità autoriale di FN, non quello salvaguardare a tutti i costi i contenuti originali, che tra l’altro sono ovviamente presenti nei libri acquistabili in giro.
Ho quindi operato come poeta, andando alla ricerca del makoto, come suggerisce Basho, e non certo come un accademico, o semiologo o semiotico delle opere di FN.

Inverno 1882-1883

pino e fulmine

troppo in alto, su tutto e tutti
se parlo
nessuno parla con me
solo e con la mia altezza
io aspetto
ma cosa ?
troppo vicino alle nubi
ora attendo
il primo fulmine !

Chiara identificazione di FN con un pino. Tecnicamente più poesie brevi e pseudo-haiku, che haiku veri e propri.
L’essenza è chiaramente la consapevolezza da parte di FN delle conseguenze di essere un personaggio fuori dagli schemi.
Nonostante spesso manchi un qui e ora chiaro e definito, le azioni indicate nel secondo verso, al tempo presente, ne fanno egregiamente le veci.
Generalizzando, la forma lungo-corto-lungo sembra l’ideale per le immagini di presa coscienza di uno stato-azione-effetto. Buonissimo anche il ritmo, che ne deriva.

Portofino

siedo in attesa
in attesa ?
del nulla e totalmente trasceso
nessun desiderio, ne di luce o oscurità
nel meriggio amico e nell’eternità

La trasposizione dell’originale alla forma tanka, anche se non canonica, mi ha richiesto un certo impegno. Personalmente, sono comunque soddisfatto del risultato, che ritengo mantenga l’essenza originale, anche se mi sono preso diverse libertà interpretative.

Sperduto nell’azzurro
sono troppo attratto
da ciò che è lontano !

Trasposto il frammento, ne è risultato un haiku di altissimo livello.

lusingare chi si ama
fuori dallo spazio
fuori dal tempo
sopra di noi le stelle sfavillano
intorno a noi freme l’eternità

tanka d’amore. terribilmente efficace.

(CONTINUA)

cosa fa di un haiku un haiku?

Gettan Oshõ disse: “Keichû, il primo fabbricante di ruote fece un carro le cui ruote avevano cento raggi. Ora, supponete di prendere un carro e di rimuoverne sia le ruote che l’asse. Che cosa avreste?” (Caso 8 – Keichû, il Fabbricante di Ruote , Mumonkan 無門關 (Wu-men-kuan), La Porta senza Porta .

Allora io Vi chiedo, cosa fa di un carro, un carro ? di un gatto, un gatto ? di una donna, una donna ? dello zen , lo zen ? o infine, di un haiku, un haiku ?

La loro natura.

Togliete ad un carro le ruote, ad un gatto la felinità, ad una donna la femminilità, allo zen la pratica della mente ed ad un haiku il makoto, ovvero la genuinità e li snaturerete.

E snaturare qualcosa, equivale a toglierne l’essenza.

Così come non sono le dimensioni, o la forma a dare senso al carro, allo stesso modo non è la forma, ne le sillabe, ne le regole, a dare senso alla poesia haiku.

nella vasca
con il bagno della sera
il koan 8 di Mumon -
acqua asciutta  (EG)

alla ricerca del makoto: un esempio

Una via per il makoto è lo studio dei Maestri, dice Basho (qui approfondimento).

Questa pratica è una pratica personale, da abbinare alla pratica meditativa, perchè la seconda, a mio avviso, fornisce gli strumenti per la prima.

Anayway, ho deciso di condividere un esempio dei miei studi, per permettere l’esame un caso pratico, di cosa significhi, almeno per me, lo studio dei Maestri, per la loro componente poetica.

Solitamente io seleziono a caso, senza una precisa ragione, una serie di haiku di Issa, Buson e Basho, riguardanti uno stesso soggetto (in questo caso , farfalle) , poi analizzo le peculiarità di ciascuna opera.

Lo scopo è quello di cogliere l’essenza di ciascun haiku e le relative strategie compositive.

Annoto poi le mie osservazioni su ogni haiku e alla fine cerco di trarre delle conclusioni di carattere generale, che cerco poi di fare mie, considerandole come il succo della poesia dei maestri.

Come dice Basho, ricordo che lo studio dei Maestri non è ne una ricerca accademica sulla poesia, ne uno studio sulle tecniche compositive, ma un passo per raggiungere il makoto, ovvero quella condizione compositiva-mentale di genuinità poetica, comune ad ogni vero maestro.

犬と蝶他人むきでもなかりけり (Issa)

inu to chō
tanin muki de mo
nakarikeri
A dog and a butterfly:
To look away ?
Neither will be first.
Un cane e una farfalla
Distogliere lo sguardo ?
Nessuno lo farà per primo
Haiku sulla natura delle cose.
Una relazione fisica (quella di osservarsi a vicenda) , guidata dagli istinti, viene usata come unico parametro descrittivo in tutta l’opera.
Non sono le cose in sè, ma le loro relazioni ad essere prese in considerazione, per mostrarne la vera natura.

庭の蝶子がはへばとびはへばとぶ (Issa)

niwa no chō
ko ga haeba tobi
haeba tobu
A butterfly in the garden:
Chased by a child, flying,
Chased and flying again.
Una farfalla in giardino
Inseguita da un bimbo, mentre vola
Ed inseguita e in volo, ancora
Haiku sul qui e ora e sulle dinamiche del mondo.
Vengono usati l’inseguimento e il volo, come stratagemmi per sottolineare il movimento.
Nel movimento, tutto è nuovo, anche se poi tutto è anche riferibile ad un ciclo che si ripete.

蝶とんで我身も塵のたぐひ哉 (Issa)


chō tonde
wa ga mi mo chiri no
tagui kana
A butterfly in flight, and
I, too, am a speck of dust
Just the same.
Una farfalla in volo
Un granello di polvere, come me
Stessa cosa
Haiku sull’ impermanenza e come questa sia l’elemento unificante di tutte le cose.
L’immagine del volo indica l’intangibilità, mentre la polvere il destino ed il valore delle cose umane.
Anche se differenti, non c’è differenza tra le cose, perchè sono generate dallo stesso Tao.

釣鐘にとまりてねむるこてふ哉 (Buson)

tsurigane ni
tomarite nemuru
kochō kana
On the great temple bell
Alighting for a doze
Are butterflies.
La grande campana del tempio
Si appoggiano per riposarsi
Farfalle
Immagine fotografica, quasi infantile.
Haiku elegante ed estetico, ma senza quello spessore che una lettura a più livelli , invece mostra in Issa.
Haiku che mostra come senso estetico e semplicità possono elevare un’ immagine quasi banale.

胡蝶にもならで秋ふる菜蟲哉 (Basho)

kochō ni mo
narade aki furu
namushi kana
A butterfly, it has
Not managed to become,
so late in autumn
This caterpillar.
Farfalla
Il fallimento, nell’autunno inoltrato
Di questo bruco
Haiku a due livelli.
L’ immagine esplicita si sovrappone all’immagine implicita, ovvero la mancata metamorfosi da uomo egocentrico ad illuminato, vista come fallimento personale .
La farfalla come fine della ricerca della propria vera natura, mentre il bruco come natura ancora ancorata all’ego.
Il mio fallimento di quest’autunno è che io bruco, non sono riuscito a diventare farfalla, dice Basho.

秋をへて蝶もなめるや菊の露 (Basho)

aki o hete
chō mo nameru ya
kiku no tsuyu
With the passing of autumn
Butterflies, too, sup upon
Dewdrops on the chrysanthemums.
Con il passare dell’autunno
Le farfalle sorseggiano appena
Le gocce di rugiada sui crisantemi
Haiku a due livelli.
Sempre due immagini presenti.
Quella esplicita delle farfalle e quella implicita sul crepuscolo della vita umana.
Come le farfalle in autunno , anche l’uomo , nel suo autunno, sorseggia appena le gioie della vita.
Il crisantemo è usato come simbolo di vita e felicità in Giappone.

椹や花なき蝶の世すて酒 (Basho)

kuwa no mi ya
hana naki chō no
yo sute zake
The mulberries,
For a butterfly lacking blooms, will make
A wine with which to leave the world.
Dalle more di gelso
Per una farfalla
priva di fioriture, arriverà
Il vino con cui lasciare il mondo.
Haiku a due livelli.
L’immagine implicita mostra l’uomo libero, privo di fioriture,
in grado di affrontare la sua morte senza rimpianti.
Dalla vera sostanza, dallo zen nasce l’unica libertà.

蝶の飛ばかり野中の日かげ哉 (Basho)

chō no tobu
bakari nonaka no
hikage kana
butterflies flit . . .
that is all, amid the field
of sunlight
Volo di farfalle
Solo questo, in mezzo ad un campo
inondato dalla luce del sole
Haiku ad un livello, anche se forzando un po’, c’è la possibilità di una seconda lettura,
di cui però non sono sicuro.
Questo dubbio, rende ai miei occhi questo haiku particolarmente fascinoso.
Tutto gira intorno a quel “solo questo”, a meno di una topica nella traduzione.
Ad ogni modo lo stratagemma di focalizzare il dettaglio del volo, rispetto a tutto il resto, lasciando solo come sfondo il campo pieno di sole, massimizza lo yugen. Che sia invece questa la sola chiave utile ?

Conclusioni

  • I maestri usano quasi sempre la poesia come testimonianza di comprensione.
  • per fare questo, quasi sempre inseriscono più livelli di lettura
  • i livelli riguardano un immagine esplicita, soggetto dello haiku, ed una implicita , richiamo ad una condizione personale od umana.
  • le tematiche del livello implicite sono quelle tipiche dello zen: la vera natura , l’impermanenza, il qui e ora, l’illuminazione.
  • gli haiku ad un livello sono invece delle immagini fotografiche, descritte in modo semplice, quasi infantile
  • massimizzare lo yugen, negli haiku ad un solo livello, sembra una buona strategia compositiva
  • usare il soggetto come
    • relazione (guardarsi reciprocamente)
    • azione (in volo, si posano, si riposano, bevono)
    • simbolo
    • risultato di una trasformazione (metamorfosi)
Omaggio alla lettura nascosta dell'ultimo haiku di Basho

Cercano un solo fiore
In quel campo inondato di sole 
Farfalle (EG)

Tra Le radici di Basho: T’ao Ch’ien

Bevendo vino.
Ho costruito la mia capanna in mezzo alla folla degli uomini,
ma non c’è nessun frastuono, ne di carrozze, ne di cavalli.
Mi chiedi come può essere?
Quando il cuore è puro, allora la terra si distacca.
Cogliendo i crisantemi dalla siepe orientale, vedo lontano, le colline del sud;
l’aria delle colline al tramonto è tersa;
gli uccelli volano in compagnia, tornando ai loro nidi,
e in tutto questo io trovo il vero sapore,
ma più comprendo e meno parole trovo. (T’ao Ch’ien)

T’ao Ch’ien (365-427) fù uno dei principali poeti cinesi nello stile shi delle cinque parole (qui una sua biografia, con ulteriori info – in inglese).

In questa sua poesia , sono evidenti i semi che fioriranno, milleduecento anni dopo, nella poetica di Basho : la genuinità (makoto), l’impermanenza (mujio) , l’unità con la natura (zoka), il distacco (muga).

Perfino la poesia usata come koan è presente.

oltre la forma
1200 anni dopo
lo stesso zen (EG)

E Basho disse: Imparate ad essere pino daL pino

Ziqi sedeva vacuo e distaccato, respirando e fissando il cielo. Yancheng, allora gli chiese : “cosa fai ? credi davvero di riuscire a diventare come un albero avvizzito, mentre la tua mente è cenere morta? non sei sempre lo stesso uomo di prima!” Ziqi rispose: “fai bene a chiedermelo, Yancheng. Proprio ora ho perso me stesso. Capisci?” (Cap. 2 dello Zhuangzi )

Questo passo è spesso citato dai poeti delle scuole di haikai. Secondo Lin Xiyi , commentatore dell’epoca Song, Ziqi è un saggio Taoista perchè ha eliminato la sua soggettività (oggi diremmo il proprio ego), diventando uno con l’universo. In questo stato mentale , “l’uomo vacuo che siede fissando il cielo non è lo stesso di quando non è vacuo.”

E Basho disse : “Imparate ad essere pino dai pini ed imparate ad essere bambù dai bambù.”

Come Ziqi , il Maestro invita ad eradicare la soggettività (ego) dalla poesia. Un poeta non imparerà mai nulla dal proprio sè soggettivo, anche se farà di tutto per imparare. Imparare significa dimenticare il proprio sè, unendosi all’oggetto, comprendere i suoi dettagli, entrando in esso e lasciando infine che ciò che viene vissuto diventi poesia. Ad esempio, quando si rappresenta la forma , ma non si riesce anche ad esprimere l’essenza di un oggetto, allora c’è separazione e la poesia non risulterà genuina, ovvero sarà priva di makoto.

L’unificazione dell’oggetto con il soggetto, l’identificazione del poeta con la realtà vissuta e l’eliminazione della visione soggettiva (ego) , sono le basi filosofiche taoiste dello Zhuangzi, da cui emerge il principio per il quale ‘tutte le cose sono uguali, ovvero non c’è superiorità o inferiorità di qualcosa rispetto a qualcos’altro. Da qui , la pratica “del digiuno della mente” e “del vuoto , per raggiungere la piena comprensione.”

Altro concetto importante dello Zhuangzi è la “trasformazione con le cose” (wuhua) . L’unità del sé con il cosmo è un aspetto fondamentale dello Zhuangzi ed un modo per raggiungere questa unità, secondo lo Zhuangzi, è di dimenticare il sé ed entrare nel corso della natura, o, in termini taoisti, nel corso del Cielo e della terra. Lo Zhuangzi dice: “dimenticare le cose ed il paradiso si chiama disimparare il proprio sé, ovvero chi dimentica il proprio sè, proprio perchè dimentica, entra in Paradiso. ” Ovviamente, l’espressione “ entrare in Paradiso ”significa raggiungere il Tao e, poiché il Tao si manifesta nella natura di ogni essere, raggiungere il Tao significa unirsi alle cose. “Ranxiang praticò il vuoto e lo seguì fino a completarsi. Unendosi alle cose, lui non conobbe fine, né inizio, né l’anno, né la stagione. E poiché cambiava di giorno in giorno con le cose, era tutt’uno con l’uomo che non cambia mai, quindi perché mai avrebbe dovuto smettere di farlo? ”. Così, unendosi ai cambiamenti di tutte le cose, Ranxiang divenne immortale e senza limiti, perchè svuotare la propria mente, entrando in armonia con le cose porta alla perfezione.

In conclusione, come si può facilmente evincere, lo Zhuangzi ha fornito un contribuito fondamentale nel formare la poetica di Basho, che ha così potuto teorizzare la contemplazione intuitiva della natura, come strumento imprescindibile nella percezione artistica.

sono senza essere
come un verde bambù
piegato dal vento (EG)

L’essenza del fûryû in 7 passi

Mentre scrivevo il secondo articolo sulla via di mezzo, ovvero la via di mezzo della poetica haiku, mi sono reso conto che dovevo introdurre il concetto di furyu, non tanto dal punto di vista degli elementi ed ideali che lo compongono, quanto per trasmettere la sua essenza.

Nell’ Oku no hosomichi di Basho troviamo il seguente haiku

L'inizio del furyu!
La canzone della semina del riso
Nel remoto nord

The beginning of fûryû!
the rice-planting song
in the remote north.

fûryû no/hajime ya/oku no taueuta

Ovvero, per chi è non abituato a leggere le sottigliezze di Basho:

Quando inizia in furyu ?
Quando la canzone dello zen, origine dell’esistenza, comincia a germogliare nella mente. (EG)

Kuki Shuzo , nel suo breve saggio Furyu ni kan-suru ikko satsu, si è interrogato sul senso profondo dello haiku.
Ciò che in un haiku deve emergere, dice Kuki, è l’allontanarsi dalla mondanità, guardando al mondo con occhi nuovi, come se fossimo uno specchio terso, atteggiamento questo che affonda le sue radici nel buddhismo chan e quindi zen.
Per Kuki la poetica di Basho “è quella che meglio s’ispira al furyu”; termine antico di origine cinese, composto da due caratteri letteralmente “vento” e “scorrere”.

Kuki interpreta lo spirito poetico in questo modo:

«Furyu è qualcosa che si oppone al mondano e deve scaturire dall’allontanamento della quotidianità sociale. Furyu è prima di tutto distacco.»

C’è del vero in questo, ma va spiegato meglio, perchè messa così questa affermazione causa facili fraintendimenti

Vediamo allora quale sia il percorso per comprendere il senso della frase di Kuki, quindi l’essenza del furyu e cominciare a scorrere nel vento.

  1. il primo passo è il controllo della mente, ovvero la pratica del vuoto mentale, raggiungibile tramite la meditazione formale e non formale.
    La meditazione formale si chiama zazen, quella informale è banalmente quello che fai.
    Sì perchè alla fine tutto quello che fai può essere meditazione, se lo fai con il giusto atteggiamento, pelare le patate, pulire un cesso, leggere un libro o guardare un film è meditare. Questo è lo step più fondamentale e meno spiegabile a parole, ma da qui parte tutto, in quanto tutto quello che segue dopo non sono altro che diversi stadi di comprensione, cioè sono solo effetti della pratica del vuoto, che rimane il motore di tutto.
  2. La pratica costante del vuoto mentale, ovvero l’allenamento costante dell’osservazione della mente, porta alla comprensione dell’impermanenza, ovvero alla comprensione di come non ci sia nulla di stabile, sia nella mente che in tutto l’universo (qui conoscere un po’ di fisica è auspicabile, perchè se conosci i principi della termodinamica, della relatività e un po’ di meccanica quantistica, allora risulta tutto più facile); senza questa comprensione si vive nel mondo che il Budda chiama illusorio e che è la causa principale delle tante sofferenze psichiche.
  3. la comprensione dell’impermanenza porta alla comprensione del vivere “qui e ora”, ovvero di come l’unica esistenza possibile si basi esclusivamente sul presente e di come passato e futuro appartengano al mondo illusorio.
  4. il “vivere qui e ora” porta alla comprensione dell’attaccamento, ovvero come sia imperativo, smettere di pensare che sia possibile possedere cose o peggio ancora, persone, quindi come, se vuoi vivere nel presente, si debba giungere al distacco emotivo, il che non significa che non si devono provare emozioni o sentimenti, ma prendere coscienza della loro impermanenza e quindi lasciarli andare quando capitano … così s’impara a non soffrire troppo a lungo, ovvero: la sofferenza viene, la osservi e poi la lasci andare, senza trattenerla. Il distacco emotivo è quello di Kuki e di Basho, che da bravi giapponesi lo equiparano all’allontanamento dalla mondanità. In realtà, non è necessario fare gli eremiti, per raggiungere il distacco mentale, anche se certamente questa cosa aiuta e non poco.
  5. la comprensione del distacco porta alla compassione, ovvero alla comprensione degli altri, ovvero delle loro realtà mentali , diverse dalla nostra, il che non vuol dire che capisci o ti metti ad amare il genere umano, come ti chiedono di fare i cattolici, ma che accetti gli altri per quello che sono, senza pretendere di cambiarli; il che non vuol dire essere buonisti a tutti i costi ed accettare qualsiasi cazzata facciano, perchè in realtà equivale a dire: “io accetto te, ma non le tue cazzate” … sottigliezza che purtroppo non è quasi mai compresa, in quanto la gente si identifica con quello che fa, quindi non capisce che, per esempio, quando io li mando aff. per qualcosa che dicono o fanno, non mando mai aff. loro, ma le loro cazzate… ma capisco anche le loro reazioni, perchè non è facile pensare che la fanculizzazione sia un gesto compassionevole e non di rifiuto; però io ho imparato a distinguere sempre tra mente e pensiero, quindi io separo la causa dall’effetto, distinguo ciò che esiste (la mente), da ciò che è impermanente (il pensiero), quindi ormai mi è naturale accettare la prima (la mente) e rifiutare il secondo (il pensiero) senza contraddizioni; io di solito, cerco di spiegare, ma il fancullizzato tipicamente si offende lo stesso, ma se non capisce, ed è la regola, allora quello diventa un problema suo e non più mio, perchè io sono consapevole di quali fossero le mie vere intenzioni ( qui la cosa è molto zen, ma meglio di così non riesco a spiegarla).
  6. la comprensione invece di tutto ciò che non è mentale, ovvero non è originato dalla mente, ovvero è fisico, si ottiene tramite la scienza, ovvero dell’unico metodo oggettivo d’indagine della realtà non mentale.
  7. tutto quanto detto fin qui, porta all’atteggiamento del wu wei taoista, ovvero dell’accettazione della natura come unico motore universale (Tao) e della consapevolezza delle proprie azioni e non azioni, ovvero di come e quando si debba interferire, o meglio non interferire, con i processi naturali (Tao).

Arrivare al punto 7 significa arrivare a a comprendere zoka, il makoto e il mujo di Basho ovvero si comprende l’essenza del furyu.

« quando il vento scorre al’interno del poeta ed lui si affida al vento che soffia nel cielo più alto, allora si è davanti ad un vero uomo nobile, colui che comprende il fūryū».
(dall’Akazōshi)